Lettera AIV al Ministro della Cultura On. Gennaro Sangiuliano

AIVULC / News
21
Feb
2023

Lettera AIV al Ministro della Cultura On. Gennaro Sangiuliano

Al Ministro della Cultura

Onorevole Gennaro SANGIULIANO


Catania, 16 Febbraio 2023

Onorevole Ministro,

su segnalazione di alcuni soci dell’Associazione Italiana di Vulcanologia abbiamo appreso con notevole sconcerto come sia in corso un intervento di presunto ripristino, del quale sfugge la ragion d’essere, presso il sito archeologico dell’antica spiaggia di Ercolano.

Nel 1980, l’archeologo Giuseppe Maggi, nel tentativo di prosciugare l’area di fronte alle Terme Suburbane, fece l’inaspettata scoperta di oltre 300 corpi, in meno di 100 metri dell’antica spiaggia sommersa dai prodotti vulcanici dell’eruzione del 79 d.C. del Vesuvio. Di colpo, la città considerata a lungo una “miniera di opere d’arte” da portare alla reggia o al museo, quasi priva di vittime nelle case, svelava il suo lato umano e disperato. La tragedia, durata per gli ercolanesi poche ore di un solo giorno e conclusasi con l’inutile corsa verso il mare, riemergeva intatta dopo 2000 anni. La più alta concentrazione di vittime si trovava al coperto, sotto le volte di fornici aperti verso il mare, ma una barca e diversi corpi giacevano all’esterno, sull’arenile.

La spiaggia di Ercolano consisteva in un orizzonte di depositi piroclastici consolidati (tufi), coperti da sabbie e ghiaie di spiaggia marina. Ovviamente sabbie e ghiaie di spiaggia non ci sono più, ma legni, tracce di pontili, oltre naturalmente ai resti di un gran numero di vittime, conferiscono a questa parte di Ercolano un significato speciale che va oltre il valore archeologico dell’intero sito.

I graffi presenti sulla superficie levigata del tufo sono in parte dovuti ai lavori di scavo del materiale vulcanico dell’eruzione che aveva seppellito l’antica Ercolano, ma molte tracce rimaste su quella roccia vulcanica sono i segni vitali di una prospera città marinara, scavati dalle chiglie delle barche trascinate a riva o al largo, dalla costruzione dei pontili, modellati dalle mareggiate che smussavano gli spigoli dei ciottoli e arrivavano a lambire le finestre delle Terme Suburbane. La spiaggia di Ercolano e i fornici con gli scheletri, dopo lo scavo sono stati a lungo trascurati, fino ad offrire un’immagine di degrado insopportabile. L’attesa per i restauri, iniziati nel 1997, e i lunghi tempi per la predisposizione dei calchi degli scheletri sono infine stati premiati nel dicembre 2011 con la riorganizzazione dell’area e l’esposizione al pubblico di 150 individui che si erano rifugiati nei fornici. Finalmente Ercolano poteva aggiungere un importante tassello al quadro di una tragedia che altrove è difficile cogliere, scarseggiando nei siti archeologici vesuviani il risalto che sarebbe dovuto ai prodotti vulcanici dell’eruzione e al loro impatto sul territorio.

Nell’autunno del 2021 l’antico arenile era interessato da intensi lavori di scavo. Alla base degli oltre 20 metri di prodotti vulcanici fu estratto lo scheletro di un individuo, insieme a una grande quantità di legni. La spiaggia fu prosciugata, apparvero nitide le strutture del banco di tufo e il rialzo in muratura che gli ercolanesi avevano fatto alla base dei fornici, oltre a una pila della struttura portuale, tanto spesso occultati dalla vegetazione. Venne scavato anche un canale che dalla Villa dei Papiri, attraverso l’ampio cunicolo che la congiunge al sito principale, scorre ai piedi dei prodotti vulcanici, sezionando impietosamente il tufo della spiaggia. Evidentemente un intervento, per quanto invasivo, dettato dalla necessità di mantenere sgombro dall’acqua lo spazio tra la città e le ceneri vulcaniche.

Nella primavera del 2022, sulla spiaggia vi erano diverse casse di pietrisco grossolano, bianco, di natura calcarea, completamente avulso dal contesto di un territorio vulcanico. Si infittì la rete di tubi, crebbe il numero delle pesanti macchine movimento terra, ma fino all’autunno tutto sembrava una normale operazione, se non proprio di restauro, di conservazione della spiaggia in buono stato.

A partire da novembre 2022, il pietrisco calcareo venne sparso a colmare i dislivelli tra i diversi strati di tufo vulcanico dell’antico fondo marino. Il significato di questo intervento apparve inspiegabile, per quanto giustificato con la necessità di collegare il sito alla Villa dei Papiri e di prosciugare il terreno una volta per tutte. Il piccolo scavo da cui era stato estratto lo scheletro venne richiuso e il canale ai piedi dei prodotti vulcanici rifinito con due muretti di mattoni.

Nel gennaio 2023 l’antica spiaggia scompare, sommersa da un’unica distesa di massi e ciottoli biancastri. Macchinari che frantumano pietre, camion che ribaltano ghiaia e blocchi con un rumore assordante cancellano per sempre l’antico grigio arenile e i segni di quando Ercolano era viva.

In un recente lavoro (2022) a firma di diversi archeologi del Parco, tra cui il Direttore, la spiaggia di Ercolano viene definita come “il più esteso e meglio conservato water front di una città romana il cui studio topografico, monumentale, architettonico, archeologico, antropologico e paleoambientale offre una possibilità unica per il progresso della riflessione scientifica”. Non potremmo trovare parole più appropriate, per quanto tra le varie discipline venga completamente ignorata la Vulcanologia, e non riusciamo a spiegarci come una visione tanto completa del sito possa convivere con l’operazione in corso.

La Vulcanologia perde a ogni operazione di scavo o di conservazione dei siti una mole di dati impressionante, non più recuperabili. Quello che perde Ercolano e quello che i visitatori non vedranno più è il reperto, il documento geo-vulcanologico, l’ambiente naturale di 2000 anni fa, le impronte degli ercolanesi.


Con viva cordialità


Prof. Marco Viccaro

Presidente dell’Associazione Italiana di Vulcanologia