Etna 2001: vent’anni fa ebbe inizio l’eruzione che scrisse la storia recente del vulcano
a cura di Marco Viccaro
Il prologo dell’eruzione
L’eruzione dell’Etna avvenuta nell’estate del 2001 è un punto di riferimento nel record recente del vulcano, sia per la complessità con la quale si sono susseguiti gli eventi eruttivi sia per il fatto che essa può esser certamente considerata la prima eruzione vulcanica dell’Etna monitorata e studiata utilizzando un approccio multidisciplinare di investigazione proprio della Vulcanologia moderna. Non a caso, questo evento eruttivo ha dato il La alla comunità vulcanologica per un numero davvero incredibile di lavori scientifici, i quali ad oggi, tramite una rapida ricerca nei databases delle riviste internazionali, sono quantificabili in ben oltre 200.
Se l’eruzione del 2001 è paradigma di eruzione complessa, lo stesso non si può dire per il periodo a preludio della stessa, il quale si contraddistingue invece per il quadro eruttivo piuttosto monotono determinato da un cospicuo numero di eruzioni a carattere parossistico scaturite dal Cratere di Sud-Est. Di questi episodi di vigoroso fontanamento, con caratteristiche se vogliamo confrontabili con le eruzioni che ci stanno tenendo compagnia ormai da Dicembre 2020, se ne sono contati ben 64 nel periodo tra Gennaio e Agosto del 2000, ai quali vanno aggiunti altri 15 episodi eruttivi avvenuti tra il 9 Maggio e il 13 Luglio 2001 (Harris e Neri, 2002; Behncke e Neri, 2003). Che l’Etna si stesse preparando a qualcosa di differente rispetto al periodo precedente era comunque nell’aria, e tutto divenne più chiaro proprio in concomitanza del quindicesimo episodio parossistico al Cratere di Sud-Est avvenuto il 13 Luglio 2001. A partire da questa data e fino al 17 Luglio, la rete di sorveglianza sismica della Sezione di Catania dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia registrò oltre 2600 terremoti (scarsamente percepibili dalla popolazione), i cui ipocentri erano distribuiti su un piano orientato NNW-SSE a profondità comprese tra circa 1.5 e 7 km sotto la sommità del vulcano (Privitera et al., 2001; Bonaccorso et al., 2002; Patanè et al., 2002; Billi et al., 2003; Alparone et al., 2004; Lanzafame et al., 2003). L’intenso sciame di terremoti produsse un’estesa fratturazione nell’area compresa tra la Montagnola (cono dell’eruzione del 1763) e Piano del Lago, soprattutto nella zona del cratere a pozzo della Cisternazza (Figura 1).
Figura 1 - Intensa fratturazione nell’area della Montagnola – Piano del Lago nel tardo pomeriggio del 16 Luglio 2001. Foto © M. Viccaro.
L’eruzione del 17 Luglio – 9 Agosto 2001
Le notizie seguenti, riguardanti l’eruzione e il suo evolversi nel tempo, sono il risultato delle osservazioni condotte direttamente dal sottoscritto sul terreno durante lo svolgimento della tesi di laurea presso il Dip.Te.Ris. dell’Università degli Studi di Genova in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università degli Studi di Catania, le quali sono state integrate anche con informazioni tratte dalle numerose edizioni ordinarie e straordinarie dei TG locali.
L’eruzione del 2001 inizia convenzionalmente il 17 Luglio, sebbene non sia definibile con assoluta certezza quale sia il primo vero momento attribuibile al ciclo degli eventi eruttivi seguenti. Poco dopo la mezzanotte del 17 Luglio avvenne infatti il sedicesimo episodio parossistico al Cratere di Sud-Est che coinvolse varie bocche di sua pertinenza, tra le quali anche il cosiddetto Levantino (vent collocato sul medio versante orientale del cono del Sud-Est). Nel corso di questo sedicesimo episodio si aprì una frattura eruttiva sul fianco nord del Cratere di Sud-Est vicino al Levantino, ma soprattutto si sviluppò un campo di fratture piuttosto intricato con orientazione NNW-SSE sia sul cono sia alla base sud-orientale del Cratere di Sud-Est, a quota compresa tra 3040 e 2940 m. Nella prima mattinata del 17 Luglio, verso le 7.00 ora locale, questa frattura divenne eruttiva a 2950 m con almeno 3 bocche allineate che producevano sia spattering sia attività Stromboliana accompagnata da effusioni di lava in direzione sud-est verso la Valle del Bove. Nel corso della giornata la fratturazione del suolo si propagò verso sud a quote comprese tra 2900 e 2700 m, formando una struttura a graben orientata N160°-170°. La parte meridionale di questo sistema di fratture si propagò ulteriormente lungo una direttrice N15°-20°, raggiungendo il sistema di fratture di Piano del Lago ad una quota di circa 2750 m e dando inizio all’emissione di una colata lavica in direzione sud e sud-ovest.
Alle 2.20 del 18 Luglio venne registrato dalla rete di sorveglianza sismica dell’INGV un terremoto di magnitudo 2.7 nell’area dei Monti Calcarazzi, sul versante meridionale del vulcano, e quasi contemporaneamente si aprì una nuova frattura eruttiva con orientazione N-S a quota 2100 m circa. Questa frattura presentava un aspetto definibile “a bottoniera” e produceva: 1) esplosioni Vulcaniane ad intervalli di circa 10 minuti con emissione di cenere bruno-nerastra dalle porzioni settentrionali; 2) attività Stromboliana nella porzione centrale; 3) emissione di colate laviche dalla porzione meridionale della frattura (Figura 2). L’attività, continua e piuttosto intensa, portò nel giro di poche ore (alle 14.00 circa ora locale) i fronti delle colate ad invadere il piazzale del Rifugio Sapienza interrompendo la SP 92. Alle ore 20.00 locali del 18 Luglio, il fronte aveva già raggiunto la quota di 1800 m verso sud in direzione Nicolosi.
Figura 2 - Attività Stromboliana ed effusiva alla bottoniera di 2100 m: porzione centrale della frattura (foto a sx), porzione meridionale della frattura (foto a dx).
L’evento più significativo all’alba della giornata seguente (19 Luglio) fu l’apertura di un’altra frattura a quota 2550 m presso Piano del Lago, in un’area a nord del cono della Montagnola, punto in cui nella tarda primavera si veniva a formare un piccolo lago a causa dello scioglimento delle nevi (per tale ragione il cono eretto dall’attività eruttiva seguente venne colloquialmente chiamato “Laghetto”, e successivamente Escrivà). L’attività eruttiva al cratere “Laghetto” divenne tuttavia molto più vigorosa in serata, con violente esplosioni che denotavano, tra l’altro, una chiara interazione del magma con acqua, principalmente associabile ad un acquifero superficiale e/o neve sepolta dai livelli di piroclastiti (cf. Behncke e Neri, 2003).
Intanto, nel corso della giornata del 19 Luglio, i fronti lavici scaturiti dalle fratture a 2950 m e 2100 m avanzavano: il primo flusso era ben alimentato ma non destava preoccupazioni in quanto era diretto verso la Valle del Bove, mentre il secondo avanzava piuttosto velocemente, con punte anche di 100 m/h, e nel corso della giornata aveva raggiunto già quota 1500 m. Dalla bocca effusiva posta a 2750 m sgorgava invece un flusso lavico che avanzava verso sud, il quale alle 18.00 circa aveva raggiunto quota 2400 m minacciando il Rifugio dello Sci Club a 2300 m.
Nella mattinata del 20 Luglio l’attività eruttiva del “Laghetto” a 2550 m mutò, in quanto si formò un cratere a pozzo che emetteva plumes carichi di cenere spinti dal vento verso est (Figura 3).
Figura 3 - Emissioni di cenere dal cratere a pozzo “Laghetto” a 2550 metri visto da nord.
Anche il Cratere di Sud-Est emetteva cenere a seguito della ripresa dell’attività Stromboliana. Nel pomeriggio, intorno alle 14.00 ora locale, si aprì una nuova frattura sul versante nord-orientale del vulcano in Valle del Leone a quota 2600 m circa con orientazione N45°E. Questa frattura produceva sia attività Stromboliana sia un flusso lavico ben alimentato diretto verso Monte Simone. Intanto la colata proveniente dalla bottoniera a 2100 m aveva il fronte in avanzamento e collocato a circa 1200 m di quota. Il fronte attivo coinvolse un’area in cui erano presenti arbusti, il che comportò l’inizio di alcuni incendi.
Il giorno 21 Luglio l’attività della bocca a 2950 m continuava con la medesima intensità ed alimentava la colata direzionata nella Valle del Bove. L’attività della bocca a 2750 m aveva portato alla formazione di un cono di scorie alto circa 1 metro e la colata che si dirigeva verso sud e sud-ovest aveva raggiunto quota 2150 m. L’attività esplosiva del “Laghetto” a 2550 m, sempre a carattere freato-magmatico, continuava con energia costante.
Il flusso lavico alimentato dalla bottoniera a 2100 m aveva il fronte attivo, largo circa 400 metri, a quota 1080 m nei pressi di Monte Rinazzi. Intanto proseguiva a monte l’attività Stromboliana della frattura a bottoniera a 2100 m, la quale portò alla formazione di un cono di scorie alto circa 30 metri.
Il 22 Luglio la situazione era pressoché identica al giorno precedente con un ulteriore avanzamento dei fronti. Quelli che destavano maggiori preoccupazioni erano relativi alle colate che avevano origine dalle bocche di 2750 m e 2100 m. Il fronte della prima colata era situato a quota 2070 m, mentre il secondo a 1060 m sempre nei pressi di Monte Rinazzi.
Il giorno 23 Luglio la situazione in Valle del Leone non presentava mutamenti significativi. Sul fianco meridionale del Cratere di Sud-Est si formò una nuova frattura dalla quale fuoriusciva abbondante cenere con attività molto simile a quella del cratere a pozzo “Laghetto” a 2550 m, e che produceva anche un trabocco di lava in direzione est verso la Valle del Bove. L’attività delle bocche a 2950 m, 2750 m e 2100 m proseguiva con media alimentazione e aveva prodotto un ulteriore sensibile avanzamento dei fronti.
Il 24 Luglio il quadro eruttivo appariva stabile, con attività in Valle del Leone a 2600 m, al vent di quota 2950 m sul versante meridionale, alla bocca di 2750 m, al cratere a pozzo “Laghetto” a 2550 m e alla bottoniera di 2100 m (il fronte della colata da essa alimentata aveva raggiunto la quota di circa 1050 m) (Figura 4).
Figura 4 - Fontane di lava al cratere a pozzo Laghetto a 2550 m il 24 Luglio 2001 (Foto di T. Pfeiffer).
Anche il 25 Luglio fu un giorno di relativa stabilità eruttiva per gran parte delle bocche attive. La modifica più significativa riguardò il cambio morfologico osservato al cratere a pozzo “Laghetto” a 2550 m. Il nuovo assetto mostrava infatti un cono ampio e basso al cui interno erano presenti due crateri piuttosto attivi: in quello più a nord l’attività era sostanzialmente di tipo Stromboliano, mentre quello più a sud si presentava completamente riempito di lava.
Il giorno 26 Luglio la situazione si presentava sostanzialmente invariata a tutte le fratture eruttive, eccetto che per l’attività al “Laghetto” a 2550 m. Nelle prime ore del 26 Luglio iniziarono due trabocchi, uno dal versante est del cratere settentrionale diretto verso la Valle del Bove, l’altro dal versante ovest del cratere meridionale che produsse un flusso che si incanalò verso la stazione di arrivo della Funivia dell’Etna a 2500 m costeggiando la Montagnola. Il nuovo flusso, con un fronte alto circa 15 metri, scorreva rapidamente verso sud in direzione Rifugio Sapienza. Nonostante a valle, nella zona del Rifugio Sapienza, furono eretti alcuni argini protettivi, uno skilift e 3 piloni della Funivia dell’Etna furono travolti e distrutti dal flusso e, alle 19.40 ora locale, la colata lavica tagliò nuovamente la SP 92, poco più a ovest rispetto al flusso proveniente dalla bottoniera a 2100 m, invadendo il piazzale del Rifugio Sapienza (Figura 5). Intanto il fronte più a valle alimentato dalla bottoniera a 2100 m risultava sostanzialmente fermo.
Figura 5 - Il fronte della colata proveniente dal Laghetto a 2550 metri taglia la SP 92 alle 19.40 del 26 Luglio 2001.
Il quadro eruttivo del 27 Luglio presentava qualche novità rispetto al giorno precedente; il tratto di colata più avanzato (scaturito dalla bottoniera a 2100 m) risultava completamente inattivo tra le quote di 1400 m e 1030 m, mentre il flusso attivo più avanzato che scorreva in sovrapposizione a quelli precedenti si trovava a quota 1400 m circa. Il flusso lavico proveniente dal “Laghetto” che il giorno precedente aveva raggiunto il piazzale del Rifugio Sapienza era avanzato, raggiungendo i 1840 m circa. A sud-est del cono “Laghetto” si aprì una nuova bocca che riversava una piccola colata di lava verso est in Valle del Bove. Nella parte più a nord del cono settentrionale del Laghetto a 2550 m si osservò un ulteriore piccolo trabocco di lava verso est. A quota 2750 m la bocca effusiva non era più attiva, ma si osservò uno spostamento verso sud-ovest del punto di emissione intorno a 2650 m, lungo una frattura con direzione NE-SW. I flussi prodotti da questa frattura erano diretti a sud-ovest verso Monte Nero.
La situazione il 28 e 29 Luglio era stabile, con solo sensibili avanzamenti dei fronti sovrapposti alle colate precedenti.
Il 30 Luglio l’attività della bocca effusiva in Valle del Leone cessò del tutto ed anche il fronte della colata originata dalla frattura a 2950 m era in vistoso rallentamento. Anche i fronti più avanzati, a quota 1700 m per quello alimentato dalla bocca di 2550 m e a 1150 m per quello dalla bottoniera di 2100 m, risultavano in forte rallentamento. Nella notte tra il 30 e il 31 Luglio la situazione al cratere Laghetto a 2550 m cambiò repentinamente. Nelle prime ore del 31 Luglio, infatti, un flusso molto ben alimentato con un fronte largo circa 150 metri scaturito dalla bocca effusiva posta a sud del cono principale del Laghetto raggiunse in poche ore l’area del Rifugio Sapienza facendo temere il peggio per l’intera area turistica. Questo flusso scavalcò in poche decine di minuti due argini di contenimento posti a riparo delle strutture e si apprestava a superare anche l’ultimo rimanente. Nel pomeriggio riprese però con un certo vigore il flusso a 2550 m indirizzato verso la Valle del Bove (che nei giorni precedenti aveva ridotto drasticamente l’emissione) e nell’area del Rifugio Sapienza si notò un sensibile miglioramento. Anche presso la bottoniera a 2100 m si osservò la ripresa con più energia dell’attività eruttiva, anche qui leggermente calata negli ultimi giorni. Intanto il flusso che aveva origine dalla frattura a 2650 m raggiunse la zona di Monte Nero.
A partire dall’1 Agosto si venne a determinare un generale periodo di stanca con le sole bocche di 2650 m, cratere “Laghetto” a 2550 m (prevalentemente con emissione di cenere e pressoché nulle effusioni) e 2100 m attive, le quali presentavano peraltro un’attività eruttiva molto più debole rispetto ai giorni precedenti.
Il 2 Agosto venne osservata la formazione di due bocche effimere a quota 1460 e 1470 m nel campo lavico composito a valle del Rifugio Sapienza. Dalla prima si generò un piccolo flusso che scorreva sovrapposto alle lave dei giorni precedenti verso sud; la seconda alimentò invece una lingua il cui fronte più avanzato aveva raggiunto nella tarda mattinata quota 1375 m a nord-ovest di Monte Grosso, destando qualche preoccupazione ad alcuni rifugi della Forestale. Tutte le bocche eruttive associate al sistema del “Laghetto” a 2550 m ormai non producevano più flussi lavici né verso il Rifugio Sapienza né verso la Valle del Bove, rendendo del tutto inattivi i campi lavici prodotti nei giorni precedenti, ma persistevano esplosioni che producevano ancora importanti emissioni di cenere.
Nei giorni seguenti (3-4-5 Agosto) si ebbero solo sensibilissimi avanzamenti dei fronti originatisi dalle uniche due bocche attive, ovvero quella a 2650 m e alla bottoniera a 2100 m.
Il 6 Agosto, intorno alle 13.30 ora locale, si verificò una piccola tracimazione dalla bottoniera a 2100 m che superò l’argine occidentale della stessa bottoniera formando una colata lunga circa 100 m in direzione sud-ovest (Figura 6). Era debole l’emissione dalla bocca a 2650 m, mentre era cessata anche l’emissione di cenere dal cratere Laghetto a 2550 m.
Figura 6 - Cono di scorie accresciutosi nella porzione meridionale della bottoniera a 2100 metri visto da sud. Si osserva a sinistra il piccolo trabocco verso sud-ovest avvenuto il 6 Agosto 2001. Foto © M. Viccaro.
Il 7 e 8 Agosto diminuì ulteriormente l’attività della bottoniera a 2100 m e della bocca a 2650 m. Il 9 Agosto la seconda era del tutto inattiva, mentre permaneva una debolissima attività effusiva dalla bottoniera a 2100 m, la quale cessò nel corso della stessa giornata. Il volume del materiale eruttato a termine dell’eruzione è stato complessivamente stimato in 25×106 m3 di lave e 7×106 m3 di prodotti piroclastici (Behncke e Neri, 2003; Lautze et al., 2004).
I prodotti dell’eruzione 2001
Se la dinamicità degli eventi eruttivi è stata strabiliante, non sono certamente meno particolari i prodotti vulcanici eruttati nel corso dei 24 giorni di attività. Una delle principali peculiarità dei prodotti dell’eruzione del 2001 è la netta distinzione dei caratteri mineralogici e composizionali mostrati dalle lave e piroclastiti eruttate dalle fratture superiori in zona Piano del Lago (2950 m e 2750-2650 m) e in Valle del Leone da quelli delle fratture inferiori, costituite dal sistema cratere “Laghetto” a 2550 m e bottoniera di 2100 m.
I prodotti delle c.d. fratture superiori sono sostanzialmente in linea con altri prodotti comunemente eruttati dall’Etna in tempi recenti (Figura 7 a sx). Sono dunque trachibasalti potassici con un volume di cristalli compreso tra il 30% e il 40%, costituititi da plagioclasio, clinopirosseno augitico, olivina e Ti-magnetite immersi in pasta di fondo vetrosa. I prodotti eruttati dal cratere “Laghetto” e dalla bottoniera a 2100 m, pur essendo tachibasalti potassici, presentano un quantitativo volumetrico di cristalli decisamente minore (tra il 10% e 20%; Figura 7 a dx), costituititi da plagioclasio, clinopirosseno augitico, olivina, Ti-magnetite e anfibolo calcico, anche in mega-cristalli fino a 10 cm (Figura 8 a sx). Questi cristalli di anfibolo calcico (precisamente con composizione di Mg-hastingsite) mostrano un caratteristico bordo di reazione dovuto al processo di deidratazione causato dalla decompressione del magma durante la risalita, il quale è costituito da un mix di fassaïte, rhönite, anortite e un vetro residuale ricco in potassio (cf. Clocchiatti and Tanguy, 2001; Clocchiatti et al., 2004; Viccaro et al., 2006; 2007). Gli anfiboli sono generalmente piuttosto rari nel record eruttivo dell’Etna e quando presenti, nelle lave storiche/preistoriche, mostrano composizione compresa tra le kersutiti e le pargasiti titanifere (Klerkx, 1964; 1968; Cristofolini e Lo Giudice, 1969; Tanguy, 1980; Cristofolini et al., 1981; D’Orazio et al., 1998). Le differenze tra gli anfiboli rinvenuti nelle lave del 2001 e quelli storico/preistorici hanno consentito di vincolare le particolari condizioni di cristallizzazione per i magmi emessi dal sistema di fratture “Laghetto” 2550 m – bottoniera 2100 m, definendo per essi temperature di circa 980°C e pressione tra i 200 e 300 MPa all’interno di una camera magmatica “chiusa” e capace di sviluppare condizioni di sovrappressione di gas, anche grazie all’elevato contenuto in volatili originario nel magma (Métrich et al., 2004; Viccaro et al., 2006; 2007; Corsaro et al., 2007).
Figura 7 - Foto a sx - Lava dalla frattura di 2750 m presso Piano del Lago con struttura porfirica e pasta di fondo vetrosa; il plagioclasio mostra percentuali in volume superiori al clinopirosseno augitico (foto al microscopio a luce polarizzata, ingrandimento 2.5×). Foto a dx - Lava dalla bottoniera di 2100 metri con struttura porfirica seriata e pasta di fondo olocristallina. Plagioclasio e clinopirosseno augitico sono presenti con percentuali in volume sostanzialmente equivalenti (foto al microscopio a luce polarizzata, ingrandimento 2.5×). Foto © M. Viccaro.
Oltre alla singolare presenza di anfibolo con composizione Mg-hastingsitica, le lave eruttate dalle fratture associate al sistema “Laghetto” 2550 m – bottoniera 2100 m si distinguono anche per il considerevole numero di xenoliti, prevalentemente quarzitici, di origine sedimentaria (Figura 8 centro e sx; Corsaro et al., 2005). Gli xenoliti (dal greco, xènos = straniero e lìtos = roccia) sono rocce estranee al sistema magma che vengono strappate dai livelli in cui staziona il magma e/o prese in carico da esso durante le fasi di risalita verso la superficie.
Figura 8 - Foto a sx - Cristallo destabilizzato di Mg-hastingsite rinvenuto nelle lave eruttate dal cratere “Laghetto” a 2550 m (foto al microscopio a luce polarizzata, ingrandimento 2.5×); foto al centro - Struttura granoblastica degli xenoliti quarzitici con vetro interstiziale pressoché esente da contaminazione da parte del magma (foto al microscopio a luce polarizzata, ingrandimento 2.5×); foto a dx - Xenolite quarzitico al contatto con la lava: il vetro interstiziale assume colorazione brunastra e sviluppa cristallizzazione di clinopirosseno aciculare diopsidico (foto al microscopio a luce polarizzata, ingrandimento 2.5×). Foto © M. Viccaro.
L’insieme delle caratteristiche strutturali, tessiturali e composizionali dei prodotti eruttati nel 2001 ha dunque messo in luce una chiara separazione delle strutture alimentatrici dell’attività eruttiva alle fratture superiori (Valle del Leone, 2950 e 2750-2650 m presso Piano del Lago), le quali sono da considerare connesse con il sistema di condotti centrale che culmina con i crateri sommitali, da quelle delle fratture inferiori (“Laghetto” a 2550 m e bottoniera di 2100 m), ascrivibili invece ad un sistema “eccentrico” isolato dai condotti centrali (e.g., Behncke e Neri, 2003; Clocchiatti et al., 2004; Métrich et al., 2004; Viccaro et al., 2006; Corsaro et al., 2007; Ferlito et al., 2012).
Cosa ci ha insegnato l’eruzione dell’Etna dell’estate 2001
Gli insegnamenti che ci lascia l’eruzione del 2001 sono molti, ma forse tre possono essere considerati quelli davvero principali:
- in alcuni momenti del suo ciclo vitale, l’Etna ci abitua a lunghi periodi caratterizzati da assoluta monotonia che possono far perdere di vista altri pericoli latenti, con attività esplosiva (anche parossistica) e/o effusiva esclusivamente alla sommità del vulcano, cicli che possono però essere interrotti repentinamente con eruzioni che si sviluppano tramite dinamiche - profonde e superficiali - estremamente complesse;
- l’attività eruttiva così intricata, con apertura quasi simultanea di fratture con varie orientazioni, è da correlare al quadro strutturale del vulcano, ovvero a come i principali lineamenti tettonici siano in grado di guidare sia attivamente sia passivamente le sollecitazioni derivanti da importanti fasi di ricarica profonda che ciclicamente, sul medio-lungo periodo, si verificano al vulcano;
- solo attraverso studi multidisciplinari in grado di coniugare le osservazioni vulcanologiche sul terreno con i dati petrologici-geochimici sui prodotti eruttati, le deformazioni del suolo, i segnali sismo-vulcanici, etc. possiamo oggi fornire risposte virtuose e proprie della Vulcanologia moderna, sia per il concreto avanzamento della ricerca nel settore sia per soddisfare le legittime aspettative della società civile in tema di prevedibilità e mitigazione di rischi associati all’attività vulcanica.
Suggerimenti per ulteriori approfondimenti
- Alparone S., Andronico D., Giammanco S., Lodato L., 2004. A multidisciplinary approach to detect active pathways for magma migration and eruption at Mt. Etna (Sicily, Italy) before the 2001 and 2002–2003 eruptions. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 136, 121-140.
- Behncke B., Neri M., 2003. The July-August 2001 eruption of Mt. Etna (Sicily). Bulletin of Volcanology, 65, 461-476.
- Billi A., Acocella V., Funiciello R., Giordano G., Lanzafame G., Neri M., 2003. Mechanism for ground-surface fracturing and incipient slope failure associated with the 2001 eruption of Mt. Etna, Italy: analysis of ephemeral field data. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 22, 281-294.
- Bonaccorso A., Aloisi M., Mattia M., 2002. Dike emplacement forerunning the Etna July 2001 eruption modelled through continuous tilt and GPS data. Geophysical Research Letters, 29 (2), 1-4.
- Clocchiatti R., Tanguy J.C., 2001. Amphibole megacrysts from the 2001 S-flank eruption, Etna, Italy. Bulletin of Global Volcanism Network, 26 (10), 3-4.
- Clocchiatti R., Condomines M., Guènot N., Tanguy J.C., 2004. Magma changes at Mount Etna: the 2001 and 2002-2003 eruptions. Earth and Planetary Science Letters, 226, 397-414.
- Cristofolini R., Lo Giudice A., 1969. Ricerche su due kaersutiti etnee. Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, 20, 181-193.
- Cristofolini R., Scribano V., Tranchina A., 1981. Interpretazione petrogenetica di variazioni composizionali in fenocristalli femici di lave etnee. Rendiconti della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia, 31, 309-336.
- Corsaro R.A., Cristofolini R., Ferlito C., Mazzoleni P., Miraglia L., Viccaro M., 2005. Quartzarenite xenoliths from the recent activity at Mount Etna: evidence of magma-rock interactions in a shallow magma reservoir. 5° Forum Italiano di Scienze della Terra, Spoleto (Pg), 19-20 Settembre. In: Epitome, 1, 284.
- Corsaro R.A., Miraglia L., Pompilio M., 2007. Petrologic evidence of a complex plumbing system feeding the July-August 2001 eruption of Mt. Etna, Sicily, Italy. Bulletin of Volcanology, 69, 401-421.
- D’Orazio M., Armienti P., Cerretini S., 1998. Phenocryst/matrix trace-element partition coefficients for hawaiite-trachyte lavas from the Ellittico volcanic sequence (Mt. Etna, Sicily, Italy). Mineralogy and Petrology, 64, 65-88.
- Ferlito C., Viccaro M., Nicotra E., Cristofolini R., 2012. Regimes of magma recharge and their control on the eruptive behaviour during the 2001-2005 period at Mt. Etna (Italy). Bulletin of Volcanology, 74, 533-543.
- Harris A.J.L., Neri M., 2002. Volumetric observations during paroxysmal eruptions at Mount Etna: Pressurized drainage of a shallow chamber or pulsed supply? Journal of Volcanology and Geothermal Research, 116, 79-95.
- Klerkx J., 1964. Sur la presence de Syntagmatite à l’Etna. Annales de la Société Geologique de Belgique, 87, 147-157.
- Klerkx J., 1968. Etude geologique et petrologique de la Valle del Bove (Etna). PhD Thesis, Universitè de Liege.
- Lanzafame G., Neri M., Acocella V., Billi A., Funiciello R., Giordano G., 2003. Structural features of the July–August 2001 Mount Etna eruption evidence for a complex magma supply system. Journal of the Geological Society of London, 160, 531-544.
- Lautze N.C., Harris A.J.L., Bailey J.E., Ripepe M., Calvari S., Dehn J., Rowland S.K., Jones K.E., 2004. Pulsed lava effusion at Mount Etna during 2001. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 137, 231-246.
- Métrich N., Allard P., Spilliaert N., Andronico D., Burton M.R., 2004. 2001 flank eruption of the alkali- and volatile-rich primitive basalt responsible for Mount Etna’s evolution in the last three decades. Earth and Planetary Science Letters, 228, 1-17.
- Patanè D., Chiarabba C., Cocina O., De Gori P., Moretti M., Boschi E., 2002. Tomographic images and 3D earthquake locations of the seismic swarm preceding the 2001 Mt. Etna eruption: evidence for a dyke intrusion. Geophysical Research Letters, 29 (135), 1-4.
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