Geofisica per archeologi nell’isola vulcanica di Ustica

AIVULC / Approfondimenti
23
Gen
2024

Geofisica per archeologi nell’isola vulcanica di Ustica

LE TAPPE DI UN’APPASSIONANTE RICERCA CHE HA PORTATO ALLA SCOPERTA DI UNA STRUTTURA DIFENSIVA SEPOLTA NEL VILLAGGIO DEI FARAGLIONI DEL MEDIO BRONZO

 

A cura di Sandro de Vita (INGV Osservatorio Vesuviano, Napoli) e Franco Foresta Martin (INGV Sezione di Palermo e Laboratorio Museo di Scienze della Terra, Ustica)

 

La collaborazione scientifica fra studiosi di Scienze della Terra e archeologi è uno dei capitoli della ricerca interdisciplinare che ha registrato importanti sviluppi e successi negli ultimi anni. Vulcanologia, mineralogia, petrografia, geochimica, geofisica e geomorfologia sono fra le discipline che hanno contributo maggiormente a ricostruire la storia degli antichi insediamenti umani, dei contesti territoriali in cui essi si svilupparono, delle risorse naturali cui attingevano, dei manufatti che furono prodotti, delle relazioni sociali e culturali fra comunità distanti.

A questa categoria di fruttuose ricerche interdisciplinari appartiene uno studio iniziato da circa tre anni nell’isola di Ustica (Palermo), e a cui, ha partecipato una equipe di ricercatori di diversa estrazione culturale (Fig. 1), conseguendo un primo e positivo risultato da poco pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Applied Geophysics (Russolillo, A., Foresta Martin, F., Merico, A., Sapia, V., Talamo, P., Materni, V., Pischiutta, M., de Vita, S., Furlani, S., Targia, D. and Di Vito, M.A., 2023. Unveiling a hidden fortification system at “Faraglioni” Middle Bronze Age Village of Ustica Island (Palermo, Italy) through ERT and GPR prospections. J. of App. Geoph., p.105272). L’articolo è open access e si può scaricare da questo link: https://doi.org/10.1016/j.jappgeo.2023.105272).

 

Figura 1 – I ricercatori INGV al lavoro con Franco Foresta Martin.

 

Il contesto in cui si svolge questa ricerca, tuttora in corso di sviluppo, è un insediamento della Media età del Bronzo (circa 1400-1200 a.C.), chiamato Villaggio dei Faraglioni, che si affaccia sul versante settentrionale dell’isola e che prende il nome da due grandi scogli, relitti del lento arretramento della costa a falesia (Fig. 2). Considerato fra i più significativi esempi di cittadella fortificata del Bronzo Medio esistente nel bacino del Mediterraneo, il Villaggio dei Faraglioni era abitato da alcune centinaia di persone che vivevano in capanne costruite con muretti a secco e distribuite ordinatamente ai margini di stradine, secondo quello che è stato definito un piano proto-urbano. Il tenore di vita era elevato, come è dimostrato dalla ricchezza dei reperti ceramici e litici portati alla luce nel corso di numerose campagne di scavi, a partire dagli anni ‘70. Anche i contatti con la terraferma, nonostante la marginalità imposta dalla condizione insulare dovevano essere se non frequenti comunque efficaci, come è dimostrato dall’importazione di manufatti e forme stilistiche da coeve culture lontane.

 

Figura 2 – Foto aerea del Villaggio dei Faraglioni, lungo la falesia settentrionale di Ustica. Si notino i perimetri delle capanne e il possente muro di cinta, che delimita a sud il Villaggio. In verde l’area investigata con la tomografia elettrica; in arancio l’area dettagliata con il georadar.

 

Pressanti si suppone che fossero le esigenze di difesa, visto che gli abitanti si sottoposero all’onere della costruzione di un possente e arcuato muro di cinta che sbarrava l’accesso sul versante dell’entroterra, mentre su quello affacciato a mare il villaggio usufruiva della naturale protezione di un’alta falesia. Nonostante sia stato utilizzato come cava di pietrame nel corso dei secoli, il muraglione tuttora sopravvive per tutti i suoi 250 m di lunghezza, raggiungendo in alcuni tratti 4 m di altezza ed esibendo i resti di una dozzina di torrioni di rinforzo, alcuni dei quali piuttosto complessi e articolati. I materiali usati per la costruzione del muraglione sono tutti locali, essendo costituiti da blocchi fino ad un metro di diametro, che appartengono alle formazioni laviche affioranti nel Piano di Tramontana, una estesa pianura, residuo di almeno tre ordini di terrazzi marini del Quaternario superiore.

Il lavoro di ricerca si è concentrato proprio su questa struttura difensiva che presenta molti aspetti problematici sia sotto il profilo delle tecniche costruttive, sia delle funzioni di alcune sue parti. Ed è stato nel corso di un rilevamento topografico sul lato esterno del muraglione che è stata notata per la prima volta una lunga fila di massi interrati, a tratti emergenti dal suolo, che sembra seguire tutto lo sviluppo del muraglione stesso, mantenendosi a una distanza di 6-7 metri da esso (Fig. 3). Allineamento casuale di materiale venuto giù dalle strutture difensive, o altro? Allo scopo di verificare l’esistenza di questo lineamento di massi anche prima dell’istituzione del parco archeologico negli anni 80-90 e degli interventi che hanno portato alla realizzazione di sentieri, stradine e magazzini, è stato deciso di avviare una campagna di rilevamenti aerei da drone e di riesaminare vecchie foto aeree di Ustica riprese dall’Istituto Geografico Militare (IGM) nel secolo scorso. I risultati si sono presentati intriganti fin dall’inizio: il lineamento indagato spicca con evidenza sia nelle immagini storiche dell’IGM sia in quelle attuali da drone equipaggiato con termoscanner. Legittimo, dunque, supporre che il lineamento emergente dal terreno possa rappresentare quel che resta di un muraglione difensivo cronologicamente precedente a quello visibile, oppure di una struttura antemurale realizzata in aggiunta al muraglione e costituente una prima linea di difesa.

 

Figura 3 – Il muraglione di cinta del Villaggio, sulla sinistra e, al centro dell’immagine, l’allineamento di massi semisepolti della struttura antemuraria.

 

Per dare corpo a queste ipotesi bisognava tuttavia verificare se la presunta struttura antemurale, oltre ai massi visibili in superficie, possedesse fondazioni profonde e, soprattutto, se le avesse anche nei tratti lacunosi in cui oggi non emerge nulla a causa della rimozione dei massi più superficiali. Escludendo, nell’immediato, la possibilità di procedere a saggi di scavo che avrebbero richiesto un importante impegno finanziario, è stato chiesto e ottenuto il decisivo intervento del gruppo di prospezioni geofisiche dell’INGV. Così, ai primi di settembre del 2022, a Ustica è sbarcata una squadra di ricercatori dell’INGV muniti di georadar (GPR) e tomografo di resistività elettrica (ERT). Il primo strumento è dotato di una piccola antenna che fa penetrare nel sottosuolo onde radio ad altissima frequenza, le quali possono essere riflesse da discontinuità e rivelare la presenza di oggetti sepolti; il secondo, per mezzo di una rete di elettrodi piantati nel terreno, inietta impulsi di corrente elettrica che fluisce diversamente in funzione della resistenza degli oggetti attraversati. Il risultato di queste prospezioni, dopo un trattamento con opportuni software dei dati raccolti, consiste nell’ottenere una sorta di radiografia tridimensionale degli strati sepolti, rivelando vuoti, pieni e discontinuità fino alla profondità di qualche metro. Ebbene, la presunta struttura antemurale si evidenzia fino a 1,5 m di profondità, anche là dove i suoi resti non affiorano in superficie, con lo stesso andamento ricurvo del grande muraglione visibile, a una distanza fra 6 e 7 metri da esso, lungo i 250 metri del suo sviluppo (Fig. 4). Qualche segno d’interruzione si evidenzia soprattutto dove di recente è stata realizzata la stradina più esterna che cinge il parco archeologico.

 

Figura 4 – Confronto tra profili ERT e GPR, in cui è ben evidente l’anomalia che evidenzia la struttura sepolta fino a circa 1,5 m di profondità. I profili sono orientati ortogonalmente al muraglione principale.

 

Come precisato nelle conclusioni dell’articolo pubblicato sul Journal of Applied Geophysics, l’avere evidenziato la struttura sepolta non offre elementi per stabilire i tempi della sua costruzione. Tuttavia il suo particolare andamento, che segue pedissequamente il muraglione visibile, e il fatto che essa si salda con un articolato torrione della muraglia (quello posto all’estremità nord-occidentale del Villaggio), rafforza l’ipotesi di una sua realizzazione contemporanea all’esistenza del Villaggio e di un sua funzione di prima linea di difesa, o in senso cronologico o in senso territoriale.

Superfluo aggiungere che un decisivo progresso di questa lunga e appassionata ricerca interdisciplinare, che ha riunito insieme architetti, archeologi, geologi, vulcanologi e geofisici, potrà arrivare quando si procederà, lungo lo sviluppo della struttura sepolta, a una serie di saggi di scavo, che a questo punto potrebbero essere programmati in modo mirato, senza dispersione di fondi e di energie, proprio grazie alle efficaci indagini non invasive sin qui condotte.