A proposito di cinema ed eruzioni - L’eruzione del Paricutìn 1943-1952

AIVULC / Approfondimenti
05
Apr
2024

A proposito di cinema ed eruzioni - L’eruzione del Paricutìn 1943-1952

di Lisetta Giacomelli

 

Il cono nel 2010 e l’eruzione vista da Tipacua il 30 ottobre 1947 (foto U.S. Geological Survey).

 

 

IL FILM

Nel 1947, Henry King diresse il film Il Capitano di Castiglia, tratto dall’omonimo romanzo di Samuel Shellabarger. Ambientato nel 1518 sul torbido sfondo dell’inquisizione, inserisce, tra amori e duelli, alcune fasi della conquista spagnola del Messico da parte degli uomini di Hernan Cortéz, che nel film è appunto il Capitano di Castiglia.

 

Figura 1. Il manifesto del film del 1947.

 

Il Messico, si sa, è terra di vulcani, ma bisogna avere una certa fortuna a riprendere l’armata spagnola mentre un cono fumante oscura l’orizzonte. E bisogna essere fortunati anche a restare svegli in un pigro pomeriggio estivo davanti a un inespressivo Tyron Power e a un film non proprio capolavoro, fino alle scene finali da sobbalzo sul divano: il vulcano entrato nelle inquadrature era il Paricutìn in eruzione. Dell’evento ci sono numerose foto, ma scarse riprese. Si conosce un breve filmato muto in 16 mm di Ralph E. Gray e un interessante video di 40 minuti, della PeriscopeFilm, con riprese diurne e notturne dell’eruzione, visibile su YouTube (link). Ma la ripresa di Henry King resta la più emozionante, forse perché accidentale e inaspettata.

 

Figura 2. Fermo immagine di una scena del film Il Capitano di Castiglia con il cono fumante del Paricutín.

 

All’epoca, la risonanza dell’evento fu tale che persino gli aerei, invece di evitarne le ceneri, modificarono la loro rotta per vedere la nube eruttiva più da vicino. Tuttavia, quell’eruzione non arrecò altro beneficio alla popolazione, anzi distrusse villaggi, devastò campi coltivati e seminò il panico. Solo con il passare del tempo, le lave, i ruderi del villaggio e il cono sono diventati una risorsa turistica.

 

Figura 3. Il cono del Paricutín.

 

 

L'ERUZIONE DEL PARICUTÍN

Aristotele sosteneva che “colui che vede crescere le cose fin dall’inizio, avrà di esse la visione migliore”. Così è stato nel 1943, quando in un campo di granoturco si aprì una fessura che diede inizio a un’eruzione durata quasi 10 anni, una rara opportunità per gli studiosi di scienze della terra di osservare in diretta la formazione di un vulcano. Il Paricutín fu sottoposto a controlli, misurazioni e fotografato giorno dopo giorno, per un decennio. Il cono prese il nome da uno dei villaggi che le colate di lava avevano incontrato nei 25 km2 di terreno che avevano ricoperto.

 

Figura 4. Abitanti del luogo osservano dai bordi dei campi di granoturco il cono che, il 22 febbraio 1943, a soli due giorni dall’inizio dell’eruzione, è già più alto degli alberi. È la prima immagine del vulcano (foto esposta al Centro Visitatori di Paricutin).

 

Prima dell’eruzione, il principale centro abitato della Valle Itzícuaro, nella regione di Uruapan, era San Juan Parangaricutiro, un nome che mescola il toponimo spagnolo San Juan, con quello dei nativi Taraschi. Ancora oggi in parte, ma abbastanza rigidamente al tempo dell’eruzione, le due anime convivevano con differenti usanze: quella Tarasca conservava lingua, cibo e cerimoniali propri della tradizione nativa; quella coloniale spagnola era legata alla doppia gerarchia politica e religiosa, ai rituali del cattolicesimo romano e relative festività.

 

Figura 5. Alcuni abitanti di San Juan Parangaricutiro osservano l’avanzare della lava nel 1944. Molti abbandonarono le loro case solo pochi minuti prima che venissero inghiottite dalla lava (foto W. Foshag, pubblicata in Luhr e Simkin, 1993).

 

A due km da San Juan Parangaricutiro, sorgeva il villaggio Paricutín, abitato da 150 famiglie di agricoltori taraschi, circondato da boschi, coni vulcanici estinti, spesso coltivati, e sparse proprietà coloniche prive di stabili abitazioni. Due appezzamenti, vicini fra loro, erano Piano Quitzocho, di proprietà di Barbarino Gutierrez, e Piano Cuiyúsuru, di proprietà di Dionisio Pulido. Nella proprietà di Pulido vi era una specie di pozzo naturale, 5 metri di diametro e profondo 1 metro e mezzo, nel quale i bambini, benché fosse loro proibito, si divertivano ad agitarvi un ramo per far salire calore dal fondo della piccola depressione.

 

Figura 6. La prima colata di lava avanza nei campi di Quitzocho, 5 giorni dopo l’inizio dell’eruzione. Il cono è già alto 150 m (foto dell’Instituto de Geología, pubblicata in Luhr e Simkin, 1993).

 

All’alba del 20 febbraio 1943, Pulido lascia la propria abitazione per recarsi al podere e prepararlo alle semine primaverili. Da due settimane sentiva il suolo tremare e, anche quel pomeriggio, nonostante il cielo limpido, nell’aria vi erano rumori simili a tuoni e in terra continue vibrazioni.

 

Figura 7. In primo piano un campo di granoturco e, oltre la vegetazione, il cono del Paricutín. Il Messico è la patria del mais, da sempre cibo nazionale, coltivato in centinaia di ecotipi primitivi da campesiños che spesso arano i campi con aratri non molto diversi da quelli portati dagli uomini di Cortéz.

 

Alle 16, vede una fessura che si apre, attraversa la buca fonte di calore, gli passa quasi sotto i piedi e prosegue oltre il suo campo. Improvvisamente, mentre continuavano i rumori di tuono e gli alberi si mettevano a tremare, il suolo in corrispondenza della piccola fossa, si solleva di oltre due metri e comincia a uscirne una specie di polvere, che subito cresce con un sibilo, forte e continuo, e con un pesante odore di zolfo. È l’inizio dell’eruzione.

 

Figura 8. Gli abitanti del villaggio osservano l’avanzare della lava prima di abbandonare le loro case (foto Amon Carter Museum of American Art, Fort Worth, Texas).

 

Nonostante i giornali di Città del Messico avessero segnalato già da una settimana le continue scosse avvertite dai cittadini in tutta la regione Uruapan, e le autorità locali avessero addirittura ventilato la possibilità di un’imminente eruzione vulcanica, i geologi non diedero molto credito alla notizia e l’evento li trovò del tutto impreparati. Soprattutto, non erano sul posto nei primi momenti dell’eruzione.

 

Figura 9. Una delle due torri campanarie di San Juan Parangaricutiro non era ancora ultimata al tempo dell’eruzione. Gli arredi interni furono rimossi pochi giorni prima dell’arrivo della lava.

 

Dionisio Pulido e il suo collega Barbarino Gutierrez ebbero il merito di essere acuti osservatori, dote frequente nei contadini. Il primo raccontò infinite volte, con precisione, ogni minimo movimento e fenomeno notato al momento dell’apertura delle fratture eruttive. Gutierrez tenne un accurato diario, riportando la successione degli eventi e le sue impressioni annotate in presa diretta nel corso di tutta l’eruzione. Divenne guida e fonte di notizie per tutti i vulcanologi che la studiarono in seguito, fino ad essere nominato osservatore residente, ruolo che svolse dal 1948 alla fine dell’eruzione. Trasferitosi a San Juan Nuevo, allestì nella propria abitazione un museo dedicato all’eruzione. Testimonianze preziose, cui se ne aggiunsero altre, fornite da quanti videro la crescita del vulcano.

 

Figura 10. La chiesa di San Juan Parangaricutiro emerge dalla lava. In alto, oltre la colata, si intravedono i segni delle strade del villaggio (foto Katia e Maurice Krafft, pubblicata in Luhr e Simkin, 1993).

 

Quando arrivò il primo esperto, il geologo Ezequiel Ordóñez, la notte del 22 febbraio, si trovò, tra esplosioni e scuotimenti del suolo, davanti a una scura montagnola, già alta 40 m, da cui uscivano brandelli infuocati, cenere e l’inizio di una colata di lava. Il cono arrivò a 148 m nei primi 30 giorni e, dopo soli otto mesi, era alto più di 300 m.

 

Figura 11. Un campesiño osserva l’avanzare della lava (foto di Alain Fournier, esposta al centro visitatori di Paricutìn).

 

Il periodo di esplosioni più intense fu tra giugno e agosto 1943, seguito da una più copiosa emissione di lava dall’anno successivo. A giugno del 1944, la lava si avvicinava al paese di Paricutín, nonostante le croci erette davanti alla colata dagli abitanti, nella speranza di arginare il flusso con un miracolo. Il 19 giugno il paese venne sgomberato, le masserizie caricate sui cavalli o a spalle. Il giorno seguente, la lava avanzava inesorabile tra le case dai tetti di legno.

 

Figura 12. Gli abitanti di Parangaricutiro osservano il vulcano in attesa dello sgombero (foto da internet; Rare Historical Photos;The LIFE Picture Collection).

 

Il 30 giugno la colata era alle porte di Parangaricutiro e il 7 luglio gli abitanti fecero appena in tempo a sgomberare le case e la chiesa. Gli uomini salvarono le pesanti travi, donne e bambini le ante degli armadi della sagrestia, i calici e i vasi per i fiori.

 

Figura 13. Il villaggio turistico con un piccolo museo nei pressi del villaggio sepolto dalla lava di Parangaricutiro. Accanto, un giornale dell’epoca esposto nel museo.

 

Vennero rimossi i confessionali, il fonte battesimale e il pulpito. Il simbolo più sacro della comunità, il crocefisso di El Señor de los Milagros, cui la chiesa, non ancora terminata, era dedicata era stato trasportato nel nuovo insediamento il 7 maggio dal vescovo in persona. L’ultima festa patronale era avvenuta il 14 luglio 1943, con pellegrini accorsi da tutto il Messico e lunghe processioni di fedeli che, come rito propiziatorio per porre fine al pericolo, raggiungevano la chiesa strisciando sulle ginocchia.

 

Figura 14. La cenere che cade dalla colonna eruttiva copre la lava dell’anno precedente (foto del 7 novembre 1947, U.S. Geological Survey).

 

La crescita del cono fu molto rapida nel primo periodo dell’eruzione, ma rallentò notevolmente alla fine del primo anno, quando il cono era alto 336 m; negli oltre otto anni successivi, arrivò solo all’altezza di 424 m.

 

Figura 15. In primo piano, una colata di lava del Paricutín. Sullo sfondo il campanile di San Juan Parangaricutiro e il cono del vulcano.

 

La vegetazione venne distrutta nel primo anno nel raggio di 5-8 km, ma per fortuna accadde due mesi dopo il raccolto del mais. Il flusso di lava più ampio sembrò arrestarsi dopo tre mesi, ma riprese nel giro di alcune settimane e raggiunse rapidamente i sobborghi di San Juan. La fase esplosiva che accompagnava l’emissione di lava formò una colonna che arrivò a 6 km di altezza e distribuì cenere fin sopra Città del Messico.

 

Figura 16. Immagine stampata su ceramica, acquistata in uno dei nuovi insediamenti vicini al vulcano. La frase che accompagna la foto è una specie di scioglilingua usato nella regione. Completo suona così: "San Juan Parangaricutiro, el pueblo que fue desparangarimicutirizado por el volcán Paricutín. Y yo anduve en San Juan Parangaricutiro, parangarimicutirimicuariando. Y aquel que lo desparangarimicutirise será un desparangarimicutirizador."

 

Il cono fu spesso danneggiato dalle esplosioni più forti, ma le irregolarità venivano rapidamente colmate dai prodotti che cadevano dalla colonna eruttiva e il cono ebbe praticamente sempre una forma regolare e simmetrica.

 

Figura 17. Sul lato Nord-Est del Paricutin si vede la macchia bianca delle fumarole sulla cima del conetto laterale, Nuevo Juatita. È questo il punto da cui sono state emesse gran parte delle colate di lava degli ultimi cinque anni di eruzione. 

 

IL CONTESTO

L’eruzione divenne, e rimane, meta obbligata per ogni vulcanologo e per una grande quantità di curiosi. Non perse l’occasione il famoso artista, scrittore e intellettuale messicano Jose Gerardo Francisco Murillo, il quale, non amando un suo omonimo, il pittore spagnolo del XVII secolo, Bartolome Murillo, preferì farsi chiamare con un termine Azteco che significa acqua, Dr. Atl.

 

Figura 18. Un’immagine di Dr Atl e la copertina della sua monografia sull’eruzione del Paricutin (foto da wikipedia e dal Museo virtuale Claudio Jiménez Vizcarra).

 

Questo poliedrico quanto controverso personaggio aveva studiato, tra il 1911 e il 1914, i vulcani italiani, Vesuvio, Etna e Stromboli insieme ai più importanti vulcanologi dell’epoca e, oltre all’approccio scientifico, amava ritrarre le eruzioni con acquarelli e disegni di un certo pregio, che si dimostrarono poi un’utile documentazione. I biografi contarono la sua firma su 1.000 dipinti e 11.000 disegni, oltre alla monografia dedicata al Paricutín, stampata in 1.200 copie.

 

Figura 19. A sinistra, Dr Atl mentre ritrae il Paricutin (a) e una delle sue tele ispirate dall’eruzione (b) (foto visibili su numerosi siti internet). (c) A destra, la statua di Dr Atl nella Rotonda de Jalicienses Ilustres, a Guadalajara, appare priva della gamba sinistra. In realtà, l’amputazione di una gamba, avvenuta il 13 ottobre 1949 in conseguenza di una cancrena dopo una caduta sul Paricutin, riguardò la gamba destra, come dimostrato da numerose fotografie. L’errore “artistico” ha suscitato non poche quanto inefficaci polemiche.


Nel corso dell’eruzione non vi furono vittime, ma la ricaduta sociale fu pesante, molto più di quella puramente economica. Diversi conflitti sorsero per i terreni dove erano stati cancellati i confini e che, con il tempo, stavano tornando produttivi. Litigi e dispute sulle proprietà si trascinarono a lungo, minando i tranquilli rapporti di una comunità unita anche da frequenti legami di parentela.

 

Figura 20. San Juan Parangaricutiro durante l’eruzione (foto lakepatzcuaro.com) e due insediamenti recenti sorti nell’area.


La valutazione di quanto fosse cambiata la vita della regione con l’eruzione è un argomento che fa ancora discutere. Da un lato, la ripresa seguita all’evento, per quanto lenta, aveva portato a un accettabile livello di benessere. Nello stesso tempo, a una comunità unita, con modeste risorse, ma con una vita dignitosa, si erano sostituiti gruppi isolati, distribuiti tra insediamenti temporanei. Il divario tra le classi sociali, pima quasi inesistente, dopo l’eruzione divenne più marcato.




Figura 21. Le case di San Juan Parangaricutiro prima e mentre vengono raggiunte dalle colate di lava (foto esposte nel museo del Paricutin).


Lo smembramento sociale stravolse l’assetto comunitario e anche quello urbanistico. L’architettura delle abitazioni, una tipologia uniforme, in legno o con la base in pietra lavica e il tetto in sottili lamelle di legno (la cui produzione con le asce era oggetto di gara, come ancora avviene nelle aree alpine per il taglio di grossi tronchi: le attitudini più tradizionali si trasformano spesso in sfida), che si vedono nelle fotografie prima di essere distrutte dalla lava, sono state sostituite da assemblaggi casuali di differenti materiali, con allargamenti di alloggi provvisori, con risultati perlomeno disarmonici.

 

Figura 22. Edificio tipico del popolo Purepecha, nella regione dell’altopiano Tarascan (foto esposta nel museo all’ingresso del villaggio). Anche gli ultimi esemplari si vanno progressivamente deteriorando per la difficile manutenzione. Foto a destra, uno dei rari edifici ancora visibili che ricalca l’architettura spontanea e tradizionale dell’area intorno al Paricutin.

 

Da questi nuclei dalla incerta identità, divenuti stabili pur restando precari, si vedono oggi partire frotte di giovani appena appare uno straniero in fondo alla strada, per offrire l’accompagnamento a cavallo sul cratere.

 

Figura 23. Accampamenti ai piedi del vulcano con i cavalli in attesa di accompagnare i turisti sul cratere.

 

Le rovine che spuntano dalle colate di lava, tra cui svetta la facciata della chiesa con una parte del campanile rimasta incompiuta all’epoca dell’eruzione, e la salita al cratere, continuano ad essere motivo di visita di vulcanologi e escursionisti che fanno base a Uruapan del Progreso, il centro che più ha risentito positivamente dello sviluppo turistico legato all’eruzione.


Figura 24. La chiesa di San Juan Parangaricutiro mentre è raggiunta dalla colata (foto acquistata in un villaggio) e il suo interno completamente riempito di lava.


Le fotografie che fecero il giro del mondo, gli uomini con il sombrero in primo piano, le spalle all’obiettivo che lasciano indovinare gli occhi sbarrati verso la fumante collina, sono visibili in ogni libro di vulcanologia e, con molte altre, sono esposte nei locali accanto a un insediamento turistico che precede le rovine di San Juan Parangaricutiro. In una cucina di un villaggio, segnalata da una freccia con la scritta a mano “tienda”, acquistammo piccole immagini del vulcano stampate su un materiale simile alla ceramica. Sono tra i nostri souvenir più cari.

 

Figura 25. Forse l’immagine più famosa dell’eruzione. Nel marzo 1944, alcuni residenti osservano l’eruzione seduti tra alberi seccati dalla cenere, dal Cerro de Equijuata, 2,5 km dal vulcano (foto Smithsonian, copia esposta al centro visitatori di Paricutin)

 

Figura 26. Molti abitanti hanno sperato fino all’ultimo momento che la propria abitazione si salvasse dalla lava. Foto a destra, il contadino Dionisio Pulido, proprietario del campo in cui è sorto il Paricutin, primo e costante testimone dell’eruzione (foto The LIFE Images Collection).

 

Video delle scene finali tratte dal film "Il Capitano di Castiglia"

 

*le foto senza indicazione dell’autore sono di Lisetta Giacomelli e Roberto Scandone.

 

Bibliografia e suggerimenti per ulteriori approfondimenti

  • Foshag W. F., Gonzalez R. J., 1956, Birth and development of Paricutin Volcano, Mexico: U.S. Geological Survey Bulletin 965-D, pagg. 355-489
  • Giacomelli L., Pesaresi C., 2019, Vulcani nel mondo, Franco Angeli Ed, pagg. 514
  • Luhr J. F., Simkin T., (eds)., 1993, Paricutìn, The Volcano Born in a Mexican Cornfield, Geoscience Press, Phoenix, pagg. 427
  • Pioli L., Erlund E., Johnson E., Cashman K., Wallace P., Rosi M., Delgado Grandos H., 2008, Explosive dynamics of violent Strombolian eruptions: The eruption of Parìcutin Volcano 1943-52 (Mexico), Earth and Plan. Science lett., vol. 271, is. 1-4, pagg. 359-368
  • Rees J.D., 1970, Paricutín rivisited: A view of man’s attempts to adapt to ecological changes resulting from volcanic catastrophe, Geographical Forum, 4, pagg. 7-25
  • Scandone R.,1979, Effusion rate and energy balance of Paricutin eruption (1943-1952), Michoacan, Mexico, J. Volcanol. Geoth. Res., 6, 49-59
  • Pioli L., Erlund E, Johnson E., Cashman K., Wallace P., Rosi M., Granados H. D. 2008, Explosive dynamics of violent Strombolian eruptions: The eruption of Parícutin Volcano 1943–1952 (Mexico), EPSL, 271, 359-368
  • Yokoyama I., De la Cruz-Reyna S.,1990, Precursory earthquakes of the 1943 eruption of Paricutin volcano, Michoacan, Mexico: Journal of Volcanology and Geothermal Research, v. 44, no. 3/4, pagg. 265-281