Ultime lettere da Iwo Jima
A cura di Gianfilippo De Astis.
Nel 2006, a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, l’attore e ormai già pluripremiato cineasta Clint Eastwood firmò due memorabili lungometraggi entrambi girati sull’isola giapponese di Iwo Jima, che fu lo sfondo di una delle più cruente battaglie della II guerra mondiale sul fronte del Pacifico.
I libri di storia riportano che la battaglia durò dal 19 febbraio al 26 marzo 1945 e si concluse con il quasi totale annientamento della guarnigione giapponese (poco più di 200 i superstiti) e la perdita di quasi 7000 marines da parte degli Stati Uniti, con 20000 feriti.
La differenza sostanziale tra i due film – Flags of our fathers e il successivo Letters from Iwo Jima – è che il primo adotta il punto di vista dei combattenti statunitensi ed il secondo quello dei giapponesi (Figura 1).
La cosa che invece li accomuna fortemente è l’essere ambientati sui bassi rilievi e le spiagge scure di Iwo Jima, che deriva dalla pronuncia errata di Iwo-shima: "isola dello zolfo" in lingua giapponese, dove shima è una delle due pronunce dell'ideogramma corrispondente a Isola. Iwo-shima - attualmente indicata col nome di Ioto - è infatti un’isola vulcanicamente attiva la cui ultima vera eruzione risale al 1889, proprio quando era in corso l’ultima eruzione di Vulcano (sic!), e dove lo zolfo è di casa, proprio come sull’isola Eoliana, dove allume e zolfo si estraevano fino al 1888 ca...
Figura 1 - Il generale Kuribayashi (interpretato da Ken Watanabe), prepara le difese delle truppe giapponesi al Monte Suribachi (sullo sfondo, con depositi piroclastici alla base) e lungo la spiaggia di Okinahama, in previsione dell’arrivo delle forze statunitensi in "Lettere da Iwo Jima" (2006), il film di Clint Eastwood gemello di "Flags of Our Fathers", girato quello stesso anno dal regista originario di San Francisco.
Per una frazione di secondo, proprio all’inizio di “Letters…”, ci sembra di guardare un astratto e pittorico cielo stellato, mentre invece Eastwood ci sta mostrando un’immagine della lunga spiaggia nera di Okinahama, appena punteggiata di clasti più chiari. E’ la lunga spiaggia che si estende a NE del cono di scorie chiamato Monte Suribachi e da quella “oscurità” la macchina da presa si muove verso il frangersi delle onde cariche di ceneri nere che accompagnarono lo sbarco, e spesso la morte, di centinaia di soldati nei giorni dell’assalto delle truppe USA all’isola. Poi l’inquadratura è fissa e centrata sul Monte Suribachi (Suribachiyama, per i giapponesi).
E’ su questo conetto alto 166 m – attorno a cui i giapponesi organizzarono la loro strenua difesa scavando una fitte rete di tunnel e bunker – che il 23 febbraio 1945, Joe Rosenthal della Associated Press scattò una delle foto di guerra più famose di sempre… (Figura 2).
Figura 2 - L’iconica immagine dell'innalzamento della bandiera americana sul Monte Suribachi il 23 febbraio 1945, successivamente usata dal Governo USA come strumento di propaganda per vendere titoli di guerra (AP Photo/Joe Rosenthal).
Ed è di fronte a questa spiaggia ed a questo conetto che il 30 ottobre 2023 - secondo il Global Volcanism Program, ma il 21 ottobre secondo altre fonti - ha avuto inizio quell’eruzione sottomarina che sommessamente ma irresistibilmente ha compiuto la sua ascensione verso il firmamento di quei fenomeni naturali che suscitano la curiosità di mezzo mondo perché capaci di mostrare la genesi di nuova terra, in tempo reale, agli occhi estasiati degli umani: quasi 500 metri di magma solidificato già emergevano il 1 novembre 2023 ed avevano preso il posto di uno spicchio di mare.
Probabilmente, se tutto ciò fosse avvenuto nelle settimane in cui Clint Eastwood girava i suoi due film, il set - buttato per aria da quel particolare tipo di esplosioni che caratterizzano le bocche eruttive vicine al pelo dell’acqua e che sono chiamate surtseyane (Figura 3)- sarebbe stato ancor più bello e “realistico”… Esplosioni tipiche di fondali marini poco profondi, capaci di fare più spettacolo di qualsiasi sbarco di mezzi corazzati e marines armati fino ai denti, tenuti per qualche giorno in scacco dal fuoco delle mitragliatrici delle ultime truppe giapponesi poste a difesa dell’Impero.
La pace, sempre effimera, degli umani ulteriormente turbata e messa alle corde dalla potenza della Natura.
Figura 3 – La bocca eruttiva sottomarina apertasi a sud dell'isola di Iwo Jima (Ioto) dà origine ad una esplosione surtseyana, il 30 ottobre 2023. Sullo sfondo, il monte Suribachi (foto scattata da un aereo Mainichi Shimbun. – credit, Koichiro Tezuka).
Il vulcano Iwo Jima, situato circa 1100 km a sud di Tokyo, è, infatti, una porzione di un apparato vulcanico che emerge per 22 km2 s.l.m. a partire da una caldera sottomarina larga circa 9 km, situata lungo l’arco vulcanico Izu-Ogasawara-Mariana. L’osservazione della morfologia sottomarina attorno all'isola di Iwo Jima, rende subito chiaro che sopra la superficie del mare c’è solo la regione sommitale di uno stratovulcano più grande denominato "Vulcano Iwojima", che ha un diametro basale di circa 40 km sul fondo oceanico e si eleva per 2000 m ca. Per certi versi, questo assetto ricorda molto la situazione di un’altra caldera del Pacifico, divenuta famosa in occasione dell’eruzione del piccolo vulcano emerso Hunga Tonga-Hunga Ha'apai, verificatasi a inizio gennaio del 2022. In quella circostanza però la potenza dell’eruzione sottomarina si è espressa con una violenza di gran lunga superiore, centinaia di volte più potente della bomba atomica di Hiroshima: la stima fatta dalla NASA era compresa tra 4 e 18 megatoni.
Dopo la già menzionata eruzione di fine ‘800, nel corso del XX secolo Iwo Jima ha avuto numerose eruzioni di tipo freatico o freato-magmatico di bassissima intensità (VEI=1), la più recente delle quali risale al 1999. Dopo quell’anno, però, altre piccole eruzioni freatiche sono segnalate nel nuovo secolo: 2001, 2012 e nel 2013 (Figura 4).
Figura 4 - Foto di una nube eruttiva da esplosione freatica alta circa 400 m prodotta dal cratere chiamato “Million Dollar Hole”, nel settore ovest di Iwo Jima, l'11 aprile 2013. Intorno alle 16.00 si è verificata una piccola esplosione freatica. Per gentile concessione di JMSDF (Japan Maritime Self Defense Force) tramite JMA (Japan Meteorological Association).
Il secolo scorso è anche quello dove sull’isola si sono registrate ripetute deformazioni, avvenute in più fasi con un sollevamento complessivo di oltre 10 m, in alternanza con diverse fasi di subsidenza. Questi fenomeni sono interpretabili come legati a una dinamica di risalita e spinta del magma ma anche a quella di drenaggio da reservoir crostali superficiali (fasi di subsidenza), senza escludere il contributo di spinta dei gas nel sistema idrotermale. Si tratta, con ogni probabilità, di quei magmi trachiandesitici e trachitici, particolarmente ricchi in alcali, che hanno caratterizzato la storia eruttiva più recente di questo vulcano. Sebbene il sistema di arco insulare menzionato si estenda per 2500 km, solo nel segmento che va da Iwo Jima al Seamount Hiyoshi, lungo circa 150 km, vengono generate rocce vulcaniche alcaline così peculiari.
Forma e dimensioni della nuova isola vulcanica aggiornate al 27 novembre, sono visibili nell’immagine acquisita da uno dei satelliti Copernicus Sentinel-2 (Figura 5) o nelle riprese dei passeggeri di un volo aereo, che mostrano anche esplosioni con nubi eruttive nere alte un centinaio di metri, a distanze di minuti l’una dall’altra. (https://www3.nhk.or.jp/news/html/20231204/k10014277811000.html)
Figura 5 – Isola di Iwo Jima, Giappone. Credit: European Union, Copernicus Sentinel-2 imagery (27 novembre 2023).
La Guardia costiera giapponese ha successivamente effettuato un sorvolo dell’isola il 14 dicembre per valutare la crescita del nuovo lembo di terra in formazione e in quell’occasione pur non rilevando alcuna attività eruttiva, ha registrato una forma dell'isola notevolmente cambiata a causa dell'erosione e dell'azione delle onde. E’ il destino di molte nuove isole vulcaniche, dalla ottocentesca Ferdinandea nel canale di Sicilia all’islandese Surtsey (1963), la prima del tutto scomparsa e la seconda profondamente cambiata in soli 3 decenni.
La storia eruttiva del nuovo secolo sembra dirci qualcosa di nuovo su Iwo Jima: il magma è vicino alla superficie ed è finita l’epoca delle eruzioni freatiche. E’ giunto il momento delle eruzioni surtseyane e chissà cos’altro ci riservano i prossimi mesi, tenuto conto che il duomo Motoyama, nel settore orientale di Iwo Jima, è ricoperto da depositi di flussi piroclastici attribuiti ad un'eruzione su larga scala datata 2700 anni BP (l'eruzione Motoyama).
Curiosamente, molti bollettini hanno descritto la (transitoria) forma dell’isola come una J (si osservi la Foto di destra in Figura 5) e così viene da pensare che Iwo Jima abbia ripreso ad inviare nuove “Lettere”, forse le ultime o forse no. Non più Lettere di soldati sacrificabili sul campo e usati anche come pedine per la peggiore retorica militare di propaganda come ci racconta Clint Eastwood, ma di fratture che generano eruzioni rumorose e spettacolari, formando nuova terra. Lettere che, senza ombra di dubbio, preferiamo e amiamo leggere o interpretare all’infinito.
References
Bloomer et Al., Physical volcanology of the submarine Mariana and Volcano Arcs, BV, v. 51 1989.
Kaizuka et Al., Remarkable unrest at Iwo-jima caldera, Volcanic Islands, Japan: New Mexico Bureau of Mines and Mineral Resources Bulletin v. 13, 1985.
https://volcano.si.edu/volcano.cfm?vn=284120, Global Volcanism Program – Smithsonian Institution.
Si ringraziano Gaia Soldati e Alessandro Vona, per i suggerimenti e l’editing.